FRANCESCO VELLA
Venerdì 08.07.2011, 18.00 - 22.00
OLTRE IL RUMORE DI FONDO.
TESTO CRITICO SULL'OPERA DI FRANCESCO VELLA di Elio Schenini
Il clima culturale dei primi anni ottanta, con il suo vitalismo postideologico e il suo marcato individualismo, strettamente connessi all'affermarsi di una società dove innovazione tecnologica, frenesia consumistica e massmediatizzazione globale andavano accelerando sempre più il ritmo della quotidianità, costituisce il contesto all'interno del quale si collocano gli esordi artistici di Francesco Vella.
In quel decennio, caratterizzato sul piano artistico da un ritorno alla pittura in chiave neoespressionista, che ha come principali protagonisti i Neue Wilden tedeschi e la Transavanguardia italiana, Francesco Vella appare perfettamente sintonizzato con le ricerche e le sperimentazioni più intimamente legate all'attualità del tempo, come testimoniano non solo i suoi assemblages di oggetti immersi nelle colate pastose di una meteria cromatica che cercava di tradurre visivamente il magma indistinto di una postmodernità nella quale ogni distanza storica sembrava essersi annullata in una sorta di eterno e fantasmagorico presente, ma anche il suo impegno musicale all'interno del gruppo chiassese dei Dr. Chattanooga & The Navarones, i cui brani, costruiti attraverso una miscela di influenze e tradizioni diverse - dal rock al punk, dalla musica etnica a quella elettronica - racchiudevano in un coacervo di sonorità disparate lo spirito più vitale e liberatorio di quegli anni.
La freschezza, a volte ingenua, e la vitalità dei primi anni ottanta hanno però lasciato il posto, mano a mano che ci si addentrava nel decennio, a un clima sempre più cupo nel quale l'individualismo e il relativismo postmoderni hanno finito per assumere il volto di un edonismo sfrenato e irresponsabile e di un liberismo economico radicale che cancellava ogni idea di solidarietà. Se nel 1989 la caduta del muro di Berlino ponendo termine a decenni di guerra fredda sembrava ancora confermare l'illusione della fine della storia, nei primi anni novanta con lo scoppio della guerra nei territori della ex-Jugoslavia e con la prima guerra del Golfo, il suo fantasma tornava, con tutto il suo carico di drammi e atrocità, a bussare alle porte dell'Occidente. In questo contesto storico, in cui la comunicazione mediatica diventava sempre più assordante e pervasiva e il modello consumistico ormai imperante assumeva le forme di una sorta di tossicodipendenza collettiva, l'approccio artistico di Francesco Vella, che pure non vestirà mai, almeno in maniera esplicita, i panni dell'impegno politico o dell'analisi sociologica muta radicalmente. A partire dai primi anni novanta la sua ricerca si propone infatti come una forma di resistenza alla società della comunicazione , ai suoi codici, ai suoi slogan e alle sue icone. Resistenza, si badi bene, e non contrapposizione, che si manifesta nell'estrema ritrosia espressiva e nell'intimismo poetico, quasi esistenziale, di un linguaggio che indaga la sfera più segreta della personalità.
Come ha osservato anni fa Giorgio Zanchetti, la pittura di Vella, "più che indirizzata alla ricerca formale o alla forza del segno, si profila come riflessione sul complesso e mutevole concetto di identità per rapporto a quanto ci circonda o ci invade, come pure a quanto ci sta dentro o ci appartiene in profondo".
Da questo momento il percorso artistico di Francesco Vella è caratterizzato da una progressiva rarefazione dell'immagine e da una graduale riduzione degli elemementi linguistici alla più scarna essenzialità. Alla matericità convulsa e urlata degli assemblaggi oggettuali degli anni ottanta si contrappone nel corso degli anni novanta una pittura sempre più silenziosa, fatta di poche, elementari tracce iconografiche e verbali sospese nel vuoto di una spazialità indefinita, modulata per velature successive. La scrittura, che pure aveva già fatto la sua comparsa in alcune opere degli anni ottanta, acquista col passare del tempo un ruolo sempre più centrale nel suo lavoro. Attraverso l'inserimento di frammenti linguistici raccolti qua e là nell'ininterrotto flusso comunicativo che ci circonda, i suoi dipinti si avvicinano così sempre più alla categoria della poesia visiva. Sulla superficie dell'opera, le scritte, incise spesso nella materia pittorica come i graffiti che affollano i muri delle città e dei luoghi pubblici, si addensano, si scompongono, vengono ossessivamente ripetute. Nei suoi lavori però, al contrario di quanto avviene nella comunicazione massmediatica, la ridondanza espressiva non annulla il messaggio nella pura affermazione del medium, secondo la celebre formula di MacLuhan, ma paradossalmente lo riscatta, riconducendolo all'originaria potenzialità metaforica del linguaggio. In molti casi poi gli elementi verbali e quelli iconici si riverberano l'uno nell'altro creando circuiti denotativi, anche in virtù delle configurazioni assunte dai segni, che spesso rasentano la forma del calligrammma. Parallelamente ai dipinti, Vella continua però a lavorare anche sugli oggetti, soprattutto giocattoli, sottoposti ora ad una sorta di bagno purificatore che li avvolge di un candido e silenzioso velo di gesso. Sottratti alla loro funzionalità primaria e al feticismo del consumo, questi banalissimi oggetti della quotidianità, si ripropongono al nostro sguardo come strane sculture, che, allo stesso modo dei suoi dipinti, appaiono sospese in una spazialità e in una temporalità indefinita. Uno spazio e un tempo dove vibrano le corde più profonde e originarie del nostro essere e che solo uno sguardo poetico può permetterci di raggiungere, azzerando, almeno per un istante, l'incessante rumore di fondo che pervade il nostro tempo.
Il testo "Oltre il rumore di fondo. Testo critico sull'opera di Francesco Vella" di Elio Schenini è tratto da Bloc notes 60, dicembre 2010, ed è pubblicato con il permesso dell'editore: Blocnotes, Casella Postale, CH - 1431 Novalles.
per maggiori informazioni: http://www.michelebalmelli.ch