giovedì 16 settembre 2010

Fabiola Quezada espone a Cassarate

Fabiola Quezada esporrà le sue ultime opere da sabato 18 settembre (vernissage a partire dalle ore 18.00) al 22 settembre 2010 in via delle scuole 22 a Cassarate.
Apprezzo molto le opere di Fabiola e trovo che i temi che affronta siano delicati e carichi di profonde simbologie. Ho scritto un piccolo testo quale possibile chiave di lettura per la sua mostra:

In occasione del mese culturale, quest’anno all’insegna del “giapponismo”, Fabiola Quezada presenta nei suoi spazi a Lugano-Cassarate la mostra intitolata « Oltre L’oriente ».
...Lei infatti guarda più lontano.
Il suo vuol essere un omaggio al Messico « bicentenario » che commemora i 200 anni dall'indipendenza dalla Spagna (16 settembre 1810) e i 100 anni dalla Rivoluzione (20 novembre 1910).
Con questa esposizione Fabiola Quezada celebra, attraverso una profonda riflessione contemporanea, la sua Terra Natale. Da sempre l’artista lavora sui dettagli del paesaggio tipicamente messicano, cercando dei segni e delle ispirazioni nella natura, ed esprimendo il proprio pensiero attraverso diverse tecniche, passando dalla fotografia alla pittura, dall'acquerello all’incisione.
I protagonisti prediletti delle opere di Fabiola Quezada sono i cactus: l’essenza del suo Messico.
Le grandi tele hanno una forza cromatica innata, dalla toccante espressività che va dritta al cuore.
Nelle sue opere è sempre presente il sussurro di una impercettibile Cassandra: i paesaggi non sono quieti, vivono di un’instabilità intrinseca al colore, al gesto, alla pennellata vigorosa dal carattere squillante.
Come diceva André Gide, “L'arte comincia dalla resistenza: dalla resistenza vinta. Non esiste capolavoro umano che non sia stato ottenuto faticosamente”… E le opere di Fabiola Quezada vivono dell’intensità di questa metaforica lotta di colori, del contrasto cromatico acceso, degli acrilici e delle tecniche miste che urlano il loro messaggio dal rosso “caravaggesco”. Un monito ad un allegorico Oloferne.

Il soggetto si ingrandisce teatralmente offrendo allo spettatore, non solo una nuova dimensione di riflessione, ma anche una nuova prospettiva estetica rappresentata con forza sulla tela.
La città si ingrandisce e, come un animale tentacolare, arriva inesorabilmente anche dove prima si trovavano quiete e grandi spianate di cactus. El valle de México scompare per lasciar spazio alla metropoli. La composizione perciò a sua volta sparisce assieme al supporto, lasciandoci coinvolti in un vortice di sensazioni, e rivelandosi a noi sotto le spoglie di una “Giuditta/Artemisia”, perfetta metafora del Messico odierno.
Aymone Poletti
Lugano, settembre 2010

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