L’esposizione “Manoscritti” dell’artista-calligrafo Enzo Pelli vuole essere una mostra attenta ai dettagli mutevoli del quotidiano e sensibile alla fragilità del nostro territorio, diventato spunto ideale per la rappresentazione poetica attraverso il segno.
Quello di Enzo Pelli è un vero ritorno alle origini, all’essenza dell’essere artista; una ricerca, la sua, intima e coraggiosa, portata verso i piccoli particolari di ogni giorno e verso la narrazione del quotidiano.
Come dice lui stesso, la sua calligrafia “oscilla tra oriente e occidente” e, di conseguenza, la sua arte si sviluppa lungo due binari speculari e distinti. Alcune opere infatti sono caratterizzate da predominanti campiture nere, danzanti tra “equilibri e squilibri”, dove il colore spicca brillante, quale presenza atta a rafforzare, tra luci ed ombre, il tratto deciso.
Le altre rappresentazioni delle sue poesie si rivelano essere, invece, una specie di « genius loci » calligrafico, dove la scrittura si tramuta in architettura del paesaggio. Affiorano il marrone, il verde e il blu, colori prediletti dai pittori fiamminghi, usati un tempo per dare maggiore profondità ai paesaggi ed ora sintetizzati in tratti sicuri a delineare lo spazio.
Le parole respirano nel gesto vibrante dell’artista, in spessori cangianti e ritmati dal filo del tempo (prezioso compagno sempre presente), delineando il ruolo dello studioso che interpreta quello che vede e che sente, permettendoci di superare perciò l’immagine errata che ci potremmo fare di un calligrafo-amanuense, ricopiatore di testi.
L’opera di Enzo Pelli si traduce in calligrafia quale “espressione del quotidiano” e, esulando dunque dal concetto di documento apografo, è rispettosa del nostro divenire e amorevolmente attenta al peso di ogni sfumatura.
La scrittura o il manoscritto, ovvero lo “scritto a mano”, sempre più infrequente oggigiorno seppur segno quotidiano del secolo scorso, diventa un bene artistico pregiato e raro, dove l’arte si trova nel dettaglio.
I ricordi, questi “petits riens” (tanto apprezzati anche da Mozart) grandiosi nella loro purezza, si rivelano capolavori sensibili grazie alla loro genuinità e si svelano in una magnificenza intrinseca che non necessita d’altro per risplendere.
Le lettere, spesso dai toni crepuscolari, sottolineano una teatralità propria al testo e, nell’attimo artistico della creazione, si librano con leggerezza sulla carta. Il senso del racconto e l’articolarsi di elementi geometrici e distese profonde fanno da sfondo alla forza creativa di Enzo Pelli: le sfumature diventano riflessi d’acqua, i segni si trasformano in rondini libere di prendere il volo nella campitura spaziale, in mezzo ad un testo danzante affrancato dalle costrizioni delle parole. Il vuoto del fondo si riduce, fino a scomparire in un cielo infinito.
L’artista conosce bene il significato del suo operato; “(…) da una parte, un gesto vigoroso e solitario che si confronta con la superficie, vuota, del foglio. La realizzazione è quasi fulminea, non c’è spazio per le esitazioni: prima di cominciare, tutto il percorso deve essere chiaro nella mente.”
Enzo Pelli è un poeta del tratto e delle sensazioni perdute. Nelle sue opere ritroviamo sguardi, donne e paesaggi scomparsi, cancellati dall’inesorabile andare del tempo. Come un Charles Baudelaire, o un Antoine Pol cantato da Brassens, perso in abbracci che non ritorneranno più e che non è riuscito a trattenere, Enzo Pelli riflette sulla condizione umana, tanto crudele nello scorrere delle stagioni, quanto matura nella sua lucida rassegnazione.
Visi, nubi e orti spariti nel nulla, ma pur sempre presenti nella memoria, rivivono sulla carta con la delicatezza unica di chi ha potuto apprezzare ed amare quegli attimi semplici e preziosi.
Si riassume così la profonda sensibilità di un artista, in un disegno toccante che va ben oltre la mera scrittura. Una sensibilità che ci aiuta a non dimenticare che la vita è fatta di piccoli momenti irripetibili, che ognuno di noi deve reimparare a cogliere.
Aymone Poletti , agosto 2010
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